I libri, gli scritti, le tele, l’arte non sono nulla

Un uomo lo si giudica in base alla vita e non all’opera,

e cos’è quest’ultima se non il grido della sua vita?

 

 

Lettera di Antonin Artaud a Pablo Picasso

Venerdì 3 gennaio 1947

 

“Pablo Picasso,

Io non sono un debuttante alla ricerca delle illustrazioni di un grande pittore per lanciare i suoi primi scritti.

Ho già cacato e sudato la mia vita in scritti che valgono quasi solo i tormenti da cui sono usciti, ma che bastano a se stessi, e non hanno bisogno del patrocinio o dell’accompagnamento di chicchessia per fare la loro breve strada…

 

Ho cinquant’anni.

Abito ad Ivry. Sono passato attraverso nove anni d’internamento, di sottoalimentazione e di fame, complicati da tre anni di segregazione, con sequestro, molestie, cella, camicia di forza, e cinque mesi di avvelenamento sistematico con l’acido prussico e il cianuro di potassio, ai quali, a Rodez, sono venuti ad aggiungersi due anni di elettroshock, punteggiati da cinquanta coma, ho sulla schiena le cicatrici di due coltellate, e le tremende conseguenze del colpo di sbarra di ferro che nel settembre 1937, a Dublino, mi ha diviso in due la colonna vertebrale, con ciò voglio dirle che in queste condizioni faccio fatica a trascinare il mio corpo, e che non è stato molto gentile avermi costretto a trasportarlo già per cinque volte da Ivry alla rue des Grands Augustins (4), e in pura perdita.

 

Può darsi che le mie poesie non la interessino e che secondo lei io non valga la pena di fare uno sforzo ma sarebbe stato quanto meno necessario dirmelo e concedermi l’onore di una risposta, quale che sia.

 

Il momento è grave, Pablo Picasso.

 

I libri, gli scritti, le tele, l’arte non sono nulla; un uomo lo si giudica in base alla vita e non all’opera, e cos’è quest’ultima se non il grido della sua vita?

La mia opera è quella di un uomo sofferente ma casto, io vivo da solo, e credo che, più di tutto, quel che le ha impedito di rispondermi sia il Demone che, nonostante l’età che lei ha raggiunto, la tiene ancora assoggettato a non so quale preoccupazione o ossessione…”