Nella recentissima “Lettera Apostolica” Papa Francesco
in vista del Giubileo e della riorganizzazione della diocesi di Roma
affronta una stimolante riflessione sul significato autentico della bellezza:
LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
«La vera bellezza»
“…La preparazione al Giubileo per le Parrocchie di Roma non si deve fermare a valutare quante persone, quanti pellegrini possono essere ospitati in vista del raduno mondiale dei giovani. Bisogna prepararsi a sentirsi parte di una storia carica di luce e di bellezza, e pronti ad accogliere e condividere tale bellezza in un senso più profondo.
Il centro storico di Roma è una miniera di pellegrinaggi capaci di arricchire e coprire la scansione dell’intero anno liturgico di una Parrocchia della periferia romana. Esperienze di pellegrinaggio urbano, come la “Corona di Maria” o la “visita delle Sette Chiese” sulle orme di San Filippo Neri o la visita alle catacombe e al Verano nel mese dei defunti, la visita a Piazza di Spagna nel giorno della Solennità dell’Immacolata Concezione, il pellegrinaggio verso la Sacra Culla custodita a Santa Maria Maggiore nel tempo di Natale, la visita alle antiche Stationes nel tempo di Quaresima, la visita alla Scala Santa e a Santa Croce in Gerusalemme nella Settimana Santa, la scoperta di tante icone mariane nel mese di maggio e di ottobre, sono solo alcune delle esperienze che un battezzato romano dovrebbe poter vivere annualmente. A queste andrebbero aggiunte le catechesi tramite l’arte, mettendo a disposizione tutto il patrimonio artistico custodito nelle chiese del centro storico di Roma.
Roma ha un fascino unico ed è giustamente considerata una delle città più belle del mondo. Proprio in riferimento all’arte e alla monumentalità dell’Urbe, mi preme aprire una riflessione sul significato autentico della bellezza e credo sia opportuno farlo alla luce del secondo principio per cui “la realtà è più importante dell’idea”.
«La bellezza salverà il mondo»: Dostoevskij ha profondamente ragione, ma quale bellezza?
Sono convinto che la bellezza salverà il mondo solo se la Chiesa riuscirà a salvare la bellezza; salvarla dalle manipolazioni ideologiche del falso progresso e dalla sottomissione al commercio e all’economia, che spesso la riducono a “specchietto per le allodole” o a bene di consumo effimero.
Se dovessimo guardare Roma solo per la bellezza delle sue opere d’arte o per la monumentalità suggestiva dei suoi ambienti, rischieremmo di ridurre la bellezza a uno scatto fotografico, a un istante capace di suscitare solo delle sfuggenti emozioni da immortalare. Non è questa la bellezza che la Chiesa riconosce a Roma. Se Gesù Cristo è la vera bellezza, se la bellezza del Signore sta nell’armonia tra la sua unicità, la sua verità e la sua bontà, anche Roma va vista nella profondità di questa armonia. Dietro ogni opera d’arte presente in una chiesa si nasconde una catechesi, dietro ogni monumento della Roma cristiana si nasconde un messaggio da decifrare e discernere. Ma per poter trasmettere questi contenuti di autentica bellezza, prima bisogna sperimentarli. Andare oltre i confini del Settore Centro aiuterà i cittadini romani a innestare ponti di meraviglia, mossi dall’attrattiva che la bellezza porta in sé.
La prima nota da indicare nella classifica delle bellezze che compongono Roma sul versante cristiano e diocesano è la sua vocazione materna ad accogliere e a nutrire. Tutta la città, e non solo il centro storico, è manifestazione della concreta maternità della Chiesa che accoglie nel miglior modo possibile i suoi figli, pellegrini da ogni dove. Una madre è bella perché dedita alla cura dei suoi figli e ha occhi speciali per i figli più fragili che la rendono ancora più bella. La fragilità è un’altra manifestazione della bellezza che ci impone attenzione. Più ci prendiamo cura delle fragilità e più risultiamo belli. Pensate a quanti sforzi la Roma cristiana ha fatto nella storia per accogliere i pellegrini. Pensate al sorgere degli “ospitali” nei pressi delle grandi Basiliche, concepiti primariamente per lenire le fatiche dei pellegrini e poi diventati “ospedali”, luoghi per la cura dei più fragili, come ci insegna l’esperienza di San Benedetto Giuseppe Labre, che, insieme con San Camillo De Lellis e San Luigi Gonzaga, possono essere considerati modelli di questa bellezza.
È vero che sul fronte della carità si deve sempre crescere e migliorare, ma bisogna riconoscere che Roma è bella anche perché sa prendersi cura dei suoi poveri, per questo ringrazio i tanti operatori e volontari che, con autentico spirito evangelico, hanno reso Roma una città sensibile alle esigenze dei bisognosi, soprattutto nel Centro Storico.
…San Filippo Neri, nel prendersi cura dei più piccoli e poveri della città, è modello di bellezza nella creatività evangelica, capace di suscitare un’occasione di stupore e d’incontro con Dio a partire da ogni scorcio della Roma del suo tempo. Proprio San Filippo è stato uno dei primi a rendersi conto che i romani stessi dovevano fare esperienza dei tesori spirituali e artistici di Roma, trovando in essi la forza di elevare la loro esistenza verso i beni eterni…”
Testo completo: https://www.vatican.va/content/francesco/it/motu_proprio/documents/20241001-lavera-bellezza.html