Ore serene a Castel Gandolfo con gli artisti dell’Ucai

 

«In più d’un’occasione il papa mostrò d’apprezzare gli esercizi e le “sortite” letterarie che fin d’allora andavo facendo qua e là. Era sorprendente come quell’uomo, sommerso da problemi di ogni genere, in un’ora fra le più tragiche del Pontificato romano, arrivasse a tutto, anche a seguire le attività collaterali dei suoi dipendenti». Il pontefice è Pio XII, l’osservazione è riportata da Mons. Ennio Francia, che papa Pacelli convinse a lavorare nella pastorale dell’arte attraverso il “Comitato romano Messa degli artisti”, una associazione da lui fondata, che prende a cuore il rapporto tra Chiesa ed arte. Insieme alla “Unione cattolica Artisti italiani”, i due sodalizi aprono i propri interessi all’arte, vissuta alla luce della fede cristiana. Si tratta di due cifre ecclesiali, all’interno dell’identico servizio pastorale, che bene esprimono l’esigenza del tempo, di curare, sia pure con sfide diverse, la formazione dell’artista, sottolineando l’originalità e la vivacità degli approcci alla parola di Dio e alle sue proposte.

 

Fin dal primo incontro il percorso spirituale non riecheggia tanto quale “Messa per l’artista”, quanto come la “Messa dell’artista”, a cui mirano e partecipano gli artefici, insieme alle proprie espressioni estetiche, salvaguardando in tal modo la profonda adesione ai carismi liturgici, uniti ai valori della bellezza, del bene e della verità. Pio XII non regalò come assistente agli artisti monsignor Francia, ma a cadenza annuale incontra egli stesso gli artisti romani con i quali dialoga come tra amici.

Si interessa della loro vita con gli inevitabili chiari o scuri, che l’esistenza regala. Parla di arte con pittori, scultori ed architetti, discorre di musica e di canto, ascolta brani letterari recitati dagli attori, rendendo la riunione a gradito appuntamento, che si rinnova ogni anno a Castel Gandolfo. Soprattutto sorge con ogni artista una bella e commovente amicizia che trascende qualsiasi tipo di formalità e colora Pio XII come un padre che riconosce ed accoglie le pecore del gregge a lui affidato.

«Si intratteneva affabilmente con ciascun artista – ricorda Ennio Francia – chiedendo informazioni sulle loro attività, sulle loro famiglie e notizie su eventuali conoscenze comuni. Di alcuni di essi che tornavano, specialmente se giovani, ricordava da un anno all’altro il nome e la professione artistica, alla quale erano avviati. Era spontaneo che sorgesse in tutti il desiderio di dare un saggio di quello che sapevamo fare, nell’intento anche di offrire un’ora diversa al Personaggio, che stando in mezzo a noi, mostrava di non aver fretta né soffrire impazienze».

[testo a cura di G. B. Gandolfo]