Chi era Chopin?

Una serata dedicata al compositore polacco all’Accademia romana Santa Cecilia. Suona Jan Lisiecki.

Il concertista è un ragazzo alto e magro, biondo e sciolto, anche davanti al pubblico, come tante star giovanili.  Perché lui, Jan, enfant prodige del pianoforte, concertista e ora anche direttore d’orchestra,  sa come fare col pubblico. È disinvolto, semplice. Perso sulla tastiera. Suona solo musiche di Chopin. Alterna gli Studi ai Notturni, ossia la ricerca linguistica, virtuosistica e libera alle effusioni dell’anima. Ne esce un ritratto di Chopin vivo: fantasia, voglia di sperimentazione negli Studi, anche brividi e follia. Scatenamento di colori, di tentativi di sonorità nuove mai udite prima e forse anche dopo: tutto in una forma apparentemente semplice, breve, in realtà controllatissima.

È Chopin, il ricercatore perpetuo. Come è dei veri artisti in cui la ricerca non finisce mai, non può finire, sarebbe come morire prima del tempo. Non importano i risultati, importa la ricerca, la sorpresa che può uscirne.  Fatica certo, come ogni impegno dell’arte, fallimento pure, a volte. Ma sempre attesa di nuove rivelazioni di bellezza. Il pianoforte di Chopin non è uno strumento, è un mondo, è il mondo.

Quando si passa ai Notturni Lisiecki tralascia il virtuosismo in cui eccelle per una vibrazione intima, bellissima: misurata, affettuosa, sentita. La melodia alla Vincenzo Bellini plana elegante, ad esempio nel Notturno in do minore opera postuma con una cantabilità aerea, soffice.  Il Notturno opera 27 ha un timbro sinfonico come fosse una orchestra, il celebre numero 9 è canto alto, luminoso, vola. Ma si potrebbe dire di ogni Notturno con sfumature diverse di una sensibilità acutissima e fragile. Semplice e limpida con tacite ombre oscure, tuttavia.

Chi è Chopin secondo Jan Lisiecki? È un uomo certo appassionato, fantasioso, ribelle perfino. Il pianista canadese vola sui tasti, li aggredisce, li fulmina: è il suo talento, perfetto, brillante ed anche etereo. Forse nei Notturni il polacco Rafàl Blechàz ha più anima, meno spavalderia. In cambio, Jan è seducente per il pubblico, restituisce la magia di uno strumento che è tutto e dice tutto. Jan ama sonorità liquide, brillanti come stelle e cupe. Ed anche questo è Chopin. È desiderio infinito di una luce, alla fine che il pianista completa smagliante per il delirio del pubblico. Chopin è Chopin.

Mario Dal Bello