CONTEMPLATA ALIIS TRADERE – Trasmettiamo ciò che abbiamo contemplato

 

 

L’iconografia in Oriente non è mai stata considerata un ornamento fine a sé stesso, un elemento accessorio o decorativo; dipingere un’icona in una chiesa è qualcosa che va ben oltre “l’abbellimento” di uno spazio sacro. Non si cerca un pittore di icone per impreziosire l’architettura con oro e colori da aggiungere ai marmi o da intonare ai tappeti. La pittura Sacra è parte integrante ed essenziale della liturgia: costituisce un vero e proprio annuncio dipinto, la possibilità di un incontro con il volto di Cristo, morto e risorto per la nostra salvezza.

Per questo un’icona è sempre una buona notizia che fa presente il cielo. Nessuno parla oggi più del cielo, delle realtà escatologiche, stiamo perdendo la dimensione spirituale e trascendente della vita; Precarietà, sfiducia, delusione, insicurezza, paura, oggi tutto ci chiude il cielo; è come se avessimo sopra la nostra testa un enorme soffitto di cemento che ci impedisce di vedere la luce; quanto abbiamo bisogno di alzare gli occhi al cielo! L’’icona è come una fessura che squarcia il cemento lasciando entrare la luce. Nelle icone tutto parla del cielo, l’oro che abbonda nello sfondo rende già presenti le realtà celesti.

Anche l’uso della prospettiva è molto importante nell’iconografia orientale. A partire dal Rinascimento la pittura ci ha abituati all’illusione prospettica data dal punto di fuga posto all’interno del quadro; nelle icone invece la prospettiva è rovesciata, le linee prospettiche non convergono più all’interno del quadro bensì all’esterno, il punto di fuga coincide con chi sta guardando l’immagine, destinatario dell’annuncio! Questa è la forza dell’icona che interpella l’osservatore in misura di quanto è disposto a lasciarsi coinvolgere! Come la tensione di chi annunzia il Vangelo è rivolta tutta verso chi ascolta la parola, così la tensione del dipinto è rivolta tutta verso chi osserverà l’opera. Il disegno, il colore e la tecnica saranno solo mezzi finalizzati all’annuncio; la riuscita di una pittura Sacra trascende perciò il valore stesso della tecnica e del mestiere. Gesù Cristo per diffondere il suo Vangelo nel Mondo non ha scelto professionisti della catechesi ma gente semplice, a volte priva di qualsiasi preparazione. Non basta quindi essere un ottimo pittore per dipingere una buona icona.

Avendo la pittura delle icone una forte valenza kerigmatica, è importante che chi la dipinge abbia una preparazione spirituale seria e un mandato da parte del vescovo o di chi ne fa le veci.  Questa è la preghiera di benedizione che la Chiesa recita in occasione dell’invio degli artisti:

Benedici   +  o Padre questi tuoi figli che hai chiamato a svolgere il nobile ministero di artisti, affinché attraverso la loro genialità possano riflettere l’infinita bellezza del volto terreno del tuo Figlio Gesù, della Vergine Maria, degli Apostoli e dei Santi.

Il pittore di icone prega, digiuna, si confessa, prende la comunione, cerca di vivere insomma in grazia di Dio e con grande intensità. Non si tratta certo di essere persone moralmente bravine o migliori delle altre, siamo tutti poverissimi e gli artisti hanno normalmente un caratteraccio, siamo vanitosi, irascibili, permalosi e troppo sensibili; si tratta piuttosto di aver sperimentato in prima persona la propria miseria e avere poi incontrato la misericordia di Dio; allora si potrà trasmettere quest’esperienza kerigmatica nel proprio lavoro rendendo partecipe della stessa anche chi lo contemplerà in profondità! Trovo bellissimo il motto dei domenicani: contemplata aliis tradere – trasmettiamo ciò che abbiamo contemplato.

 

 

 

Una crisi molto seria sta caratterizzando l’Occidente anche per quanto riguarda l’estetica, questo riguarda anche l’iconografia e l’architettura sacra. L’iconografia è stata per anni la “Bibbia dei poveri” capace di spiegare le cose di Dio a chi non sapeva leggere. Oggi nella maggior parte delle esposizioni d’arte contemporanea si ricorre a didascalie che spieghino per iscritto ciò che le immagini non sono più capaci di comunicare.

Benedetto XVI ha ripetuto molte volte che la fede non si dà attraverso il proselitismo ma per attrazione! Cosa c’è di più attrattivo dell’arte accompagnata dalla bellezza…è per questo che la via pulchritudinis è fondamentale per l’annuncio del Vangelo.

Papa Francesco ci invita spesso a trovare nuovi alfabeti per la trasmissione della fede: “Non dobbiamo avere paura di trovare ed utilizzare nuovi simboli, nuove forme d’arte, nuovi linguaggi“.

Se è vero che la bellezza salverà il mondo, salvare la bellezza è una grave responsabilità collettiva!  L’artista deve rivolgersi a tutti, e a ciascuno offrire consolazione e speranza, deve aprire orizzonti dove sembra che non ce ne siano più, scuotere il mondo anestetizzato da troppa indifferenza.

Affermiamo ed amiamo la bellezza, in essa s’incarna il senso della vita che non perisce, si tratta di salvare l’umano nell’uomo, di salvare il senso stesso della vita umana contro il caos e l’assurdo.  L’umanità ferita è alla ricerca della vera Bellezza e in fondo “l’arte non insegna nulla tranne il senso della vita”.

Il dipinto, realizzato nel gennaio 2022, da Francesco Astiaso Garcia, nel Catecumenium della Parrocchia “Cristo Re” di Civitanova, è tratto dall’opera originale di Kiko Arguello che si trova nella cappella della Parrocchia Santa Francesca Cabrini, ispirata alle icone Russe.

Un grazie speciale lo devo alla mia meravigliosa squadra di assistenti Don Peter Paul Sultana, Ruth, Maria, Clarisse, Jean Paul.

Francesco Astiaso Garcia