Finalmente un po’ d’aria. È cominciata la seconda fase della difesa umana contro il coronavirus e dopo due mesi di “riposo”, si comincia a lavorare, forse con criteri differenti e diverse attenzioni. Si aprono nuove sfide, che richiamano ad agire, seguendo regole dettate dagli esperti. Con l’impiego del buon senso, saremo più ricchi o più poveri (dipende dal comportamento della persona). L’operare in maniera diversa, senza tenere conto delle indicazioni, potrebbe causare conseguenze disastrose, che nel migliore dei casi, potrebbero riportare a rinchiudersi nuovamente in “quarantena”. Si è esaltato spesso, soprattutto da parte dei mass media televisivi, il comportamento dell’italiano, che ha saputo, molte volte anche con iniziative simpatiche e il sorriso sulle labbra, affrontare la pandemia. Oggi c’è il bisogno di dimostrare che la fase 2 del Covid-19 è davvero una mirata e matura reazione, che allontana ogni pericolo. È una mossa dovuta, oltre che alla propria salute, alla salvaguardia del prossimo.
Le riaperture delle chiese con la possibilità di partecipare alla liturgia della Messa, la possibilità dei funerali, la ripresa del lavoro, ormai aperta a tutte le categorie sono segnali, che non liberano soltanto dalla licenza della quarantena, ma riguardano i contatti e il muoversi di persone, che desiderano riprendere in mano la situazione corrente, sia pure con prudenza e senza paure, né sbavature. Lo dimostra la comunicazione della presidente Ucai, Fiorella Capriati, la quale ricorda che, nonostante l’attuale situazione, che non permette ancora di programmare riunioni o altre iniziative, tuttavia le sezioni Ucai possono «utilizzare questo tempo di inoperosità forzata per reagire al disorientamento provocato dall’attuale tragico momento “pensando” e programmando qualche attività, così da farsi trovare pronti nel momento in cui si potrà ripartire».
In proposito, per non perdere del tutto l’anno in corso, la presidente chiede inoltre alle sezioni di presentare qualche proposta, ripartendo con a tema le parole del Card. Ravasi: «Francesco come Paolo VI: l’arte luce nel buio della crisi». Sarà anche un modo per ricordare il 75°anniversario della fondazione dell’Ucai, avendo come compagno di viaggio l’espressione di papa Francesco: «Gli artisti con la loro creatività ci indicano la strada verso la speranza”. «Proprio questa è la forza degli artisti, anche in questi giorni in cui c’è l’orizzonte chiuso e c’è la cupezza per la situazione che stiamo vivendo».
È vero, non è ancora tempo per ricominciare in modo definitivo l’attività umana, e liturgica; ci si può tuttavia impegnare con la contemplazione e la preghiera. L’Ucai, giovedì scorso, ha infatti partecipato alla “Giornata mondiale di preghiera, digiuno e carità”, organizzata dall’Alto Comitato per la Fratellanza umana al fine di ricordare i cento anni della nascita di san Giovanni Paolo II. L’iniziativa, aperta a tutti i credenti, ha implorato Dio perché aiuti a superare la crisi della pandemia. Papa Francesco ha ricordato l’evento, dicendo che non esiste una preghiera dell’uno contro l’altro, ma quella formulata da fratelli, uniti nel digiuno «perché il Signore fermi questa pandemia». Ha inoltre sottolineato che la preghiera «deve far pensare alle altre pandemie del mondo. Ce ne sono tante! La pandemia delle guerre, della fame e tante altre. Ma l’importante è che oggi insieme siamo stati invitati a pregare ognuno secondo la propria tradizione e a fare una giornata di penitenza, di digiuno e anche di carità».
G. Battista Gandolfo