DOVE L’ARTE CERCA L’OLTRE (Seconda Parte) – Intervista al Fotografo Cristian Cremona

Tra il 21 e il 27 novembre 2021 si è svolta la Seconda settimana dei Centri Culturali Cattolici della Diocesi di Milano dal titolo “Come lievito… per dare pienezza alla vita”.

L’UCAI di Milano ha aderito proponendo una conversazione sull’arte tra quattro artisti condotta dalla Prof. Angela Bonomi Castelli.

Angela Bonomi Castelli   Abbiamo titolato “Dove l’Arte cerca l’Oltre” proprio con l’idea di essere uniti in questa ricerca che tutti gli artisti fanno. La storia insegna come gli artisti di tutte le discipline artistiche siano stati i più sensibili testimoni del loro tempo. Questa sera vorremmo sentire la voce di alcuni artisti dell’oggi cercando di mettere a fuoco la loro ricerca dell’Oltre. Ci piace l’idea di provare ad indagare la vita di un artista che è una pagina bianca. È come entrare in questa pagina cercando di capire come è stata scritta la loro avventura umana, artistica e soprattutto spirituale.

 

Vorremmo ora sentire la voce di Christian Cremona.

Christian Cremona nasce a Tradate (VA) nel 1985 ed esordisce nel panorama dell’arte contemporanea dopo la maturità artistica, interessandosi alla grafica d’arte, alle edizioni originali, ai materiali e alle tecniche, sia pittoriche sia plastiche.

Nel 2008 si laurea in Beni Culturali e nel 2011 in Storia dell’arte e inizia ad affrontare la luce come materia tangibile attraverso una gestualità intellettuale da scultore, ma con un idioma pittorico in cui intrappola l’istante creativo. Da alcuni anni ha investito la fotografia del ruolo di rilevatrice dell’immagine ideale ubicata nel mistero. Attualmente vive e lavora a Lonate Ceppino (VA). Socio UCAI ha vinto il primo premio del Concorso nazionale UCAI del 2017 per la fotografia.

 

C. CREMONA – Misericordia, 2016

 

ABC Grazie Christian per aver accettato di rispondere ad alcune domande sul tema del nostro incontro. Questa la prima domanda:

 

Un’opera d’arte è tale quando restituisce un respiro, un pieno dato dal vuoto che suggerisce. È una frase di Arturo Martini. Questa idea può essere applicata anche alle tue concezioni plastiche e fotografiche?

Christian Cremona.  Sì, assolutamente, perché ho sempre trattato la fotografia e le tecniche artistiche in modo sperimentale e spirituale. Il mio lavoro è stato sculturale con l’intangibile per capire dov’è ubicata la luce, qual è il luogo della luce. Questo approccio che è tipico soprattutto dello scultore: giocare sul pieno, sul vuoto, sulla materia, sullo spazio mi ha permesso di indagare quello spazio spirituale che difficilmente con un altro approccio sarei riuscito a vivere e a toccare.

Questa frase di Arturo Martini mi riporta indietro alla prima esperienza con l’UCAI con la partecipazione al Concorso nazionale UCAI del 2017 indetto per il Giubileo della Misericordia in cui feci un lavoro che era ispirato alle prime esperienze di scultura dei Fratelli Pomodoro a Milano.

Avevano lavorato sull’osso di seppia e avevano fatto riaffiorare nel mondo dell’arte una tecnica usata nel mondo antico, che è quella di usare l’osso di seppia come matrice per incidere e ricavare dei gioielli. Io ho deciso di lavorare sì in modo scultoreo, ma attraverso la pressione di un elemento su questa matrice, però per ricavare attraverso un mezzo fotografico un positivo. In tal modo ho tirato fuori una scultura che non c’è; e questa scultura sembra piena, ma in realtà non esiste.

 

ABC  E’ la magia della fotografia.

 

CC   Esatto. Perché è incavo l’aspetto sculturale, e invece nella fotografia ho tirato fuori il positivo.  È stata una cosa bellissima ed emozionante da realizzare. Quest’opera oltre a farmi stringere un legame con l’UCAI e a farmi intraprendere l’inizio di un percorso è in un certo qual modo l’elemento centrale di tutto il mio lavoro, che non è illusione, ma è proprio un ricercare qualche cosa che non si vede e mi riporta a ricercare l’essenza del divino, dov’è, chi è e come è fatto. Mi riporta in modo preciso alle pagine iniziali del libro della Genesi.

Tra l’altro alcune opere andrebbero analizzate in principio, in ebraico bereshit, proprio perché ho immaginato il Dio Creatore, Autore che dal nulla fa la materia. In qualche modo la lavora, la inventa con una creatività straordinaria. A volte sono rimasto proprio quasi in contemplazione della Creazione. Ma come hai fatto Signore a fare delle cose così, uniche, straordinarie, bellissime!! E l’artista, focalizzandosi su questa ricerca, su questo aspetto è come se in qualche modo imitasse la Creazione. Perché se non inventa la materia, lavora però un materiale grezzo che le dà forma, agisce. Il mio modo di lavorare, che non si vede, perché è il mio personale, da studio è veramente molto sculturale, da performer. Nel senso che il mio utilizzo della macchina fotografica è proprio come se tenessi in mano uno scalpello, come se fosse un’estensione per toccare qualcosa che non c’è e da lì lavorare sui colori, sulla luce e portare a dare una forma. In qualche modo la mia fotografia è quasi scultura e anche se non ha la terza dimensione, in qualche modo ho cercato di dare un aspetto più materico alle mie fotografie non lasciandole semplicemente a parete, ma rielaborandole.

 

ABC   È proprio questo che ti chiedo.

La tensione spirituale che accompagna l’azione sulla materia come ti suggerisce un’idea di ritmo?

Perché in queste opere c’è un ritmo costante che è specifico della tua creatività che va dalla fotografia al colore.

 

CC  Sì, il ritmo è percepito in modo veramente forte sia  nell’aspetto realizzativo che si concretizza poi nell’opera, perché poi si vede  che c’è una velocità, un turbinio, un movimento  che ho recuperato da due cose principali che sono l’opera di Michelangelo, che può trovare poi ad esempio una successione con Bernini o altri scultori, ma soprattutto il  Futurismo che è quello che in qualche modo  ha portato la fotografia ad avere una certa dinamicità, per esempio con il lavoro dei fratelli Bragaglia, sia per quanto riguarda  il cinema che per la fotografia.

 

ABC   Questo si ricollega con ciò che volevo chiederti successivamente

Quanto la qualità del materiale vincola lo sviluppo dell’opera?

La qualità del materiale vincola fortemente perché vedo che i risultati sono diversi nonostante il ritmo e il processo che tu porti avanti.

 

CC C’è uno studio quasi di distillazione, di pensiero. L’iter di produzione e di realizzazione dell’opera è veramente ampio proprio perché in fase di schizzo, di pensiero, vado a pensare quale sia il materiale, la forma, il modo migliore per esprime un’idea e un concetto. Non lascio nulla al caso, nel senso che ho tantissime opere in studio che sono incomplete, ma incomplete da tanto tempo.  Lo stesso anche quando scrivo poesia o altri testi, se non trovo la parola adeguata, giusta, mi rifiuto di completarlo.

 

ABC   Qual è il bisogno che muove un artista ad affrontare temi e materie, in particolare un artista che si muove dentro l’arte rivolta al sacro?  Come viene espresso questo bisogno?

CC   Secondo me il bisogno dell’artista non è troppo diverso da quello degli altri esseri, consapevoli o meno di questo, nel senso che ciò che muove l’uomo verso il sacro è la nostalgia che in qualche modo da Adamo in poi accompagna l’uomo che ricerca il bisogno di paternità, di maternità e di confrontarsi con il proprio Creatore. Non riguarda solo l’arte, per me non potrebbe esistere la mia vita senza questo bisogno. Lo sento come un’esigenza quotidiana quasi come fosse cibo di cui potrei anche fare a meno, ma non di questa ricerca, di questa fame del divino, di questo mistero che mi sfugge e che mi rende veramente felice, a volte anche con una certa sofferenza, un vuoto che poi viene riempito da questa profonda bellezza, questo dono che Dio mi ha fatto. Il Credere e cercare Dio.

 

ABC   È bella questa idea del vuoto che ciascuno – in particolare l’artista – cerca di riempire ricercando Dio.

Grazie a Christian.

UCAI  sez. Milano

 

C. CREMONA Eliyahu, 2019

 

C. CREMONA Bereshit, 2019

 

C. CREMONA Adamai