“La Chiesa Celeste e Terrena: un cammino attraverso teologia e arte”

La solennità di Ognissanti ci invita a contemplare uno dei misteri più profondi della fede cristiana: l’unione tra la Chiesa pellegrina sulla terra e quella trionfante nei cieli. Questa verità teologica, che trova la sua prima espressione nelle lettere di San Paolo e nella visione dell’Apocalisse, ha attraversato i secoli incarnandosi non solo nel pensiero teologico ma anche nelle pietre e nei colori delle chiese.
Nei primi secoli del cristianesimo, quando i fedeli si riunivano nelle catacombe, questa unione era espressa attraverso semplici simboli: la vite, la colomba, il pesce. I personaggi biblici e alcuni santi cominciano a popolare i luoghi dove i primi Cristiani celebrano i santi misteri.
Con l’emergere della Chiesa dalle persecuzioni, le prime basiliche iniziarono a mostrare processioni di santi lungo le pareti delle navate, come possiamo ancora ammirare a Santa Maria Maggiore a Roma o a Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna. Era una rappresentazione ancora “orizzontale” della comunione dei santi, riflesso di una Chiesa che stava approfondendo, attraverso i Padri come Sant’Agostino, la comprensione di se stessa come Corpo Mistico di Cristo.

La svolta decisiva avvenne con l’arte bizantina. Mentre Giovanni Crisostomo elaborava la teologia della liturgia celeste, dove il culto terreno si unisce a quello eterno del cielo, i mosaicisti traducevano questa visione nelle absidi e nelle cupole. Il Cristo Pantocratore domina dall’alto, circondato da gerarchie ordinate di santi e angeli. La cupola stessa diventa simbolo del cielo, una concezione che influenzerà tutta l’architettura sacra successiva.

Il Medioevo arricchì questa visione. Mentre i teologi approfondivano il concetto di communio sanctorum e si sviluppava la dottrina del purgatorio, le cattedrali romaniche e gotiche diventavano veri libri di pietra. I portali delle cattedrali gotiche, popolati da schiere di santi, si aprono come soglie della Gerusalemme celeste. La luce che filtra attraverso le vetrate istoriate diventa metafora della grazia divina che permea la Chiesa terrena, mentre l’architettura si proietta verso l’alto in un’aspirazione al cielo che è insieme materiale e spirituale.

La grande rivoluzione rinascimentale, con la scoperta della prospettiva, offrì nuovi strumenti per esprimere visivamente il mistero dell’unione tra cielo e terra. Mentre i teologi, stimolati anche dalla sfida della Riforma, approfondivano la natura della Chiesa come società perfetta e realtà mistica, artisti come Mantegna sperimentavano i primi “sfondati” prospettici, aprendo letteralmente il soffitto delle chiese al cielo.

Questa tendenza raggiunse il suo apice nell’età barocca. L’ecclesiologia del Corpo Mistico, sistematizzata da teologi come Roberto Bellarmino, trovò la sua più spettacolare espressione nelle grandiose cupole affrescate. Artisti come Andrea Pozzo e il Baciccia crearono illusioni di cieli aperti dove la gloria dei santi sembra irrompere nello spazio terreno della chiesa. L’architettura, la pittura e la prospettiva collaborano per creare un’esperienza totalizzante dove il fedele si sente parte di quella comunione tra Chiesa militante e Chiesa trionfante.

L’età moderna ha visto una sistematizzazione teologica di questa dottrina con l’enciclica “Mystici Corporis” di Pio XII e il Concilio Vaticano II, mentre l’arte sacra ha cercato nuove vie per esprimere queste verità antiche. Le sperimentazioni di Le Corbusier a Ronchamp o di Matisse nella cappella di Vence testimoniano che il dialogo tra teologia e arte continua a essere fecondo.

In questo lungo cammino, possiamo riconoscere un progressivo approfondimento sia teologico che artistico del mistero della Chiesa come Corpo Mistico. Se inizialmente la comunione dei santi era rappresentata come una processione orizzontale, gradualmente lo spazio sacro si è verticalizzato e dinamizzato, creando una continuità sempre più esplicita tra la dimensione terrena e quella celeste. L’arte ha sviluppato strategie sempre più sofisticate per coinvolgere il fedele in questa visione, proprio mentre la teologia approfondiva la comprensione della partecipazione dei fedeli alla vita divina.

La festa di Ognissanti ci invita ancora oggi a contemplare questo mistero. Alzando gli occhi alle volte delle nostre chiese, possiamo vedere rappresentata quella “moltitudine immensa” dell’Apocalisse, e comprendere come l’arte sacra non sia mai stata semplice decorazione, ma vera catechesi visiva che ci aiuta a penetrare il mistero della nostra fede.

fr. Riccardo LUFRANI + Claude Sonnet