L’icona della Natività risale al XV secolo e viene attribuita comunemente alla scuola di Andrej Rublëv, massimo iconografo russo. Di piccole dimensioni (54 x 71 centimetri), fu forse dipinta per una iconostasi. Il modello della Natività si iscrive in una lunghissima scia che la tradizione orientale ha elaborato (molto distante dallo schema occidentale del presepe di san Francesco), formulando lo schema peculiare che possiamo osservare. La composizione, la scelta dei colori e l’impatto fortemente unitario fanno di questa icona uno dei massimi capolavori iconografici.
L’icona, nel suo impianto generale rivela una chiara tripartizione dello scenario: il basso, dove vi sono San Giuseppe e il Satana travestito da pastore e le levatrici che lavano il bambino. Il centro dove vi è la scena vera e propria della Natività con gli angeli che adorano il Bambino e i pastori che vanno alla grotta. L’alto, dove troviamo i magi sui cavalli, la stella cometa e gli angeli che annunciano “una grande gioia” ai magi e ai pastori.
Tutte queste scene sono legate dalla onnipresente “montagna” color carne che si innalza dalla terra fino al cielo. La figura della Madre di Dio, Maria, è al centro e domina tutta la scena, proponendo una eco di Lc 2,51 “Maria meditava tutte queste cose serbandole nel suo cuore”: se si tracciano le diagonali, si scopre anche che il centro cade esattamente sul grembo della Madre di Dio. La composizione pittorica offre subito una visione chiarissima ed esattissima del soggetto in questione, proponendo una contemporaneità delle scene che non è di ordine cronologico.
Giuseppe viene ritratto nel momento più difficile della sua vicenda personale: la sua posizione è quella del dubbio; mentre si trova nella tentazione, infatti, viene avvicinato dal Satana che, sotto le mentite spoglie di un pastore gli suggerisce di non credere al sogno che ha ricevuto: “Come è possibile che una Vergine possa concepire un figlio! Come è possibile che la grandezza di Dio si sia nascosta in questa grotta!”. Le levatrici che lavano il bambino nel bacile, sono un richiamo ad un uso invalso nell’antichità di lavare il bambino per immersione per scongiurare infezioni post-parto, ma è anche il segno dalla nascita nella sua concretezza: qui viene inserito per indicare proprio che Gesù nasce nella carne come ogni bambino.
La Madre di Dio è sdraiata su di un materasso rosso, segno della presenza di Dio (il rosso) che nello stesso tempo richiama la sontuosità delle suppellettili regali; il suo sguardo non è rivolto verso il bambino ma sembra guardare oltre e abbracciare tutte le scene nella ricerca di un significato (vedi il richiamo a Lc 2,51). Il Bambino Gesù è in una mangiatoia molto singolare: ha infatti la stessa forma del sepolcro nel quale egli verrà calato: già dall’inizio non si teme di indicare la direzione che prenderà la vicenda di Gesù di Nazareth. La mangiatoia inoltre richiama un’immagine diffusa anticamente: l’uomo si nutre di peccati perché ha paura di morire, e cerca la salvezza allo stesso modo in cui l’animale prende il cibo dalla mangiatoia; ora Dio lo va ad incontrare proprio in quel luogo e si “fa cibo” per lui: è chiaro il richiamo all’Eucaristia. “Alle spalle il cavallo (in Russia non si conosceva l’asino) e il bue: chiaro rimando alla profezia di Isaia “Anche l’asino e il bue riconoscono la voce del loro padrone, ma il mio popolo non mi (Dio) ha riconosciuto”.
La grotta che contiene la scena è poi l’indicazione sia della forza tenebrosa degli inferi che delle fauci del Drago descritto nell’Apocalisse, che cerca di divorare il Bambino appena nato. La stella cometa è rappresentata come un raggio che si divide e che esce dalla mandorla azzurra, questo segno indica comunemente la presenza di Dio nella storia dell’uomo. La montagna che innerva tutta la composizione è del colore della carne e indica che il movimento di assunzione della realtà va verso l’alto e così fanno nche i cespugli: tutto partecipa al movimento di redenzione inaugurato dalla nascita di Gesù. Gli stessi angeli alla sinistra della grotta si inchinano verso il Bambino che è nato: non solo tutta la terra adora, ma anche i cieli e i loro abitanti si piegano in adorazione.
In alto, sulla sinistra i Magi venuti dall’Oriente, avvertiti dagli angeli e dalla cometa, simbolo della sapienza umana e della ricerca dell’uomo di ogni tempo e di ogni religione nei confronti di Dio; sulla destra tre angeli che annunciano: l’ultimo si piega verso il basso e parla ai pastori, li avverte che è inutile salire la montagna per incontrare Dio (idea legata a tutte le religioni), è venuto il momento in cui Dio stesso scende dall’alto e si fa prossimo dell’uomo. Bisogna semplicemente essere puri di cuore per vederlo (Mt 5,8).
(don Gianluca Busi, tratto da Il segno di Giona, Libreria dehoniana, Bologna 2012, 145-148)