Dai primi secoli ad oggi l’evento fondante del cristianesimo è stato al centro dell’arte insieme a quello della Crocifissione. Nello svolgersi dei secoli e di diverse sensibilità ne offriamo una traccia attraverso alcuni esempi.
L’Antichità
Nei primi secoli la figura del Crocifisso è quasi assente ma non quella del Risorto che viene rappresentato in marmi, avori, mosaici come un Re vittorioso, un imperatore maestoso, il Buono e Bel Pastore dalle fattezze apollinee. Il messaggio nuovo del cristianesimo è sentito infatti come vittoria della luce sulle tenebre e ciò giustifica l’ottimistico splendore delle raffigurazioni a cominciare dal mosaico del III secolo (Necropoli Vaticana) con il Cristo-Helios, ovvero nuovo Sole del mondo che sale al cielo.
In un avorio del IV secolo (Monaco, Bayerisches Nationalmuseum) Cristo è un giovane imberbe che viene chiamato al cielo dalla mano del Padre (che non verrà raffigurato come persona fino al secolo XI) sulle nubi tra lo spavento dei discepoli, mentre al di sotto nella formella stanno le Pie donne al sepolcro con l’angelo: scena destinata a diventare un topos iconografico della Resurrezione. L’immagine dunque del giovane Risorto è diffusa e ne abbiamo una riprova a Ravenna, nel Buon Pastore vestito d’oro nel Mausoleo di Galla Placidia (V secolo) e nell’imperatore glabro circondato dalla corte celeste in trono sul globo del mondo come Dominatore dell’universo a San Vitale (VI secolo) dentro un paradiso terrestre e celeste di sublime astrazione coloristica e luminosa. Una fisionomia che si ritroverà anche in forme meno raffinate ma comunque preziose, come la Parusia nell’Altare del duca longobardo Ratchis (VIII secolo) a Cividale del Friuli, dove l’ignoto lapicida interpreta in modo astratto e con un senso di horror vacui l’immagine consueta del Risorto nel Secondo Avvento.
I secoli medioevali
In questi secoli infatti più che la singola raffigurazione del Risorto prevale l’attenzione sul Cristo giudice severo nei portali delle chiese romaniche o nei Crocifissi in cui però il Messia ha gli occhi ben aperti: è il Christus triumphans, il Crocifisso-risorto che ha vinto la morte. Fra i numerosi esemplari troviamo nel secolo XI il celebre Crocifisso di San Damiano (Monastero di Santa Chiara, Assisi) che parlò a San Francesco: un Messia longilineo, dai grandissimi occhi spalancati e sereni che formano una immagine di gloria luminosa più che di morte.
E’ interessante notare come nell’arte bizantina, anche in questi secoli, la scena dell’Anastasis ossia resurrezione venga spesso collegata alla discesa agli Inferi per liberare le anime antiche. Così appare nel meraviglioso affresco in San Salvatore in Chora ad Istanbul. Il Risorto sfolgorante e candido entro la mandorla stellata afferra i vecchi Adamo ed Eva per liberarli. Cristo è bellissimo, di grandezza superiore al naturale, plastico e lineare. Il suo corpo è spiritualizzato secondo un modello tuttora in uso nella cristianità bizantina, ma che verrà diffuso pure in Occidente.
La scena della Resurrezione viene raccontata spesso nell’episodio delle Pie Donne o di Maddalena al sepolcro. Giotto (1303-1305) nella padovana Cappella degli Scrovegni rappresenta la scena chiamata “Noli me tangere” (Non mi toccare; ma la traduzione esatta è :”Non mi trattenere”). Notevole è l’immagine del Messia vestito di bianco dal viso dolce che allontana da sé la Maddalena supplicante, mentre di lato le guardie dormono e gli angeli stanno seduti sul sepolcro vuoto. Una scena silenziosa, calma, dai colori pieni di armonia. Nessun dolore.
Nelle rappresentazioni dell’arte nordeuropea fino al secolo XV troviamo vette di simbolismo mistico unito a gotica raffinatezza.
Un esempio è dato dal Polittico di van Eyck nella chiesa di San Bavone a Gand (1430 circa). Nella tavola centrale in basso – la predella – sotto la grande teofania del Padre tra il Battista, Maria, gli angeli musicisti e i Progenitori, si colloca l’altare dell’Agnello Mistico che versa il suo sangue “eucaristico”. Una immagine simbolica del Crocifisso-Risorto di luminosa bellezza, verso cui convergono le schiere dei cavalieri, degli eremiti, delle vergini, delle gerarchie adoranti entro spazi infiniti di un Paradiso celeste e terrestre insieme, contemplato e descritto minuziosamente. È l’era dei cieli e terre nuove inaugurate dal Risorto.
I secoli XV e XVI
In Italia nasce la realtà del Rinascimento che porta ad un cristocentrismo insistito – il Cristo uomo perfetto – con una indagine sulla sua dimensione corporea e umana. Il Messia sta risorgendo dalla tomba oppure è già risorto e sta su di essa con il vessillo della vittoria: sono le due versioni della scena.
Il Risorto di Piero della Francesca (1463, Sansepolcro, Palazzo Civico) sta ritto in piedi mentre esce dal sepolcro classico, tra quattro soldati addormentati. E’ solenne, ieratico come un Pantocratore di campagna in una natura che si sta aprendo alla primavera. Egli infatti è l’aurora della nuova creazione, e per questo motivo il suo manto è di colore roseo. Il volto serio, il busto classico indicano autorevolezza, potenza. La storia sarà diversa da ora in poi.
Nella Resurrezione del veneziano Giovanni Bellini (Berlino, Gemaldegalerie, 1475-79), il Cristo benedicente si libra nel vento e nell’aria, esile e luminoso sopra un paesaggio vastissimo, aurorale, mentre al di sotto i soldati stanno storditi dall’evento. Il Messia è giovane, sereno, il corpo è tenero, il volto spiritualizzato. La Resurrezione porta la pace.
Tutt’altra cosa nel Nord-Europa. Mathis Grunewald nel 1515 dipinge il Risorto nel Polittico di Issenheim a Colmar, in Alsazia. E’ un Messia sfolgorante come un sole sull’arcobaleno nella notte stellata fra le guardie tramortite, una stella che vince le tenebre. Cristo sorride trasfigurato, mostra le mani con le ferite, è leggero come una farfalla, incorporeo. Sembra danzare nel cosmo in una autentica esplosione, rivestito di tinte cangianti in una dimensione mistica surreale.
Diverso è il Risorto di Tiziano (1520-1522, Brescia,ss. Nazaro e Celso, Polittico Averoldi), un eroe classico che si squaderna nella posa del Laocoonte nello spazio. Mirabile è lo squarcio dell’aurora fiammeggiante che sorge sul Dominatore del mondo in una visione ottimistica della storia. Cristo è palpitante di vita nuova, forte e sana, ha un fisico possente, è il Signore del mondo che trascina nel suo volo verso la felicità.
Al dinamismo di Tiziano corrisponde in terra tedesca l’universo incendiato in cui vibra il Risorto di Albrecht Altdorfer nel 1515 (Vienna, Kunsthistorisches Museum) tra fantastici effetti luministici. Il Cristo è ritto sopra il sepolcro,avvolto da un manto bianco al vento fra gli angeli, le guardie insonnolite e una natura baluginante di luci e di nuvolaglie gonfie. E’ una visione “magica” di un evento ultraterreno dove Cristo diventa motore di un sommovimento della natura stessa.
Dalla Riforma al Barocco (secolo XVII)
Nei decenni successivi al Concilio di Trento l’arte si pone con una funzione di rievangelizzazione. Tra i numerosi protagonisti, emerge Dominikos Theotokopoulos detto El Greco. Nella sua Resurrezione (Madrid, Prado, 1597 -1604) v’è l’immagine di un Cristo sfolgorante, una bellezza sottile che si richiama alle icone bizantine attraverso modelli del Manierismo. Il Messia ha un corpo vero ma allungato innaturalmente, soave nel volto e deciso nel cielo dai colori surreali. La tela è una epifania luminosa che reca in sé chiarissima l’impronta di una rivelazione assoluta e drammatica.
Fisico fulgore è invece il Risorto di Rubens (1615 – 1616, Firenze, Palazzo Pitti). E’ un giovane dal corpo prorompente, sano, che con forza freme luminoso dal sepolcro sopra un fascio di spighe (simbolo eucaristico). Brillano le sue piaghe, brilla il volto florido: nessuna traccia di dolore, solo entusiasmo e trionfo come è dell’arte barocca.
Una interpretazione originale è offerta da Rembrandt van Rijn nell’opera del 1639 (Monaco Alte Pinakotek). Il pittore, acuto lettore della Bibbia, presenta il testo di Matteo evidenziando l’angelo abbagliante e candido che solleva la pietra della tomba, mentre i soldati sono travolti dal terremoto e le pie donne si stanno recando al sepolcro. Cristo invece ancora bendato affiora dalla tomba, immagine sottile e morbida, che forse ha ispirato la conclusione del film The Passion di Gibson.
I secoli successivi
Dopo le interpretazioni del soggetto tra il Settecento e il primo Novecento che spesso rivisitano iconografie del passato, alcune nuove visioni risultano molto interessanti.
La Resurrezione-Ascensione di Pericle Fazzini (Città del Vaticano, Aula Paolo VI, 1974) è una delle opere più vaste del secolo. L’esplosione atomica del Risorto è sconvolgente. Il corpo di gloria, ma vivo, avvolto dal sudario che ondeggia all’uragano, alza le braccia in volo ed anche in tono di accoglienza, ha il suo culmine nel volto sereno del Messia, ormai vincitore del dolore. Nel suo volo ascensionale il Cristo trascina ogni cosa, cioè l’Orto degli ulivi i quali si piegano alla tempesta e al terremoto cosmico. E’ l’inizio della nuova creazione. Il Cristo supera il groviglio terrestre con una enfasi neo-barocca di estrema forza, gigante solitario verso una dimensione immortale.
Alta spiritualità, luce consumata è l’opera dell’ascolano Giuliano Giuliani “E’ risorto non è qui” (Collezione privata, 2004-2006). IL travertino trasparente genera un’arte trasumanata. La scultura è divisa in due parti: un lenzuolo arrotolato a terra e un altro a spirali, dritto verso l’alto. Cristo è solo spirito, quindi si vedono solo le cose terrene rimaste. Il corpo del Messia si è liberato dalla corruzione: è luce che imbeve tutto. Come nei mosaici dorati bizantini, essa – la luce – è la grande protagonista, l’essenza del Risorto.
Mario Dal Bello critico e storico delle arti