L’ANNUNCIAZIONE NEL TEMPIO AEREO di Gerardo Dottori

 

Il 20 febbraio 1909 sul giornale francese Le Figaro comparve un messaggio scritto da Filippo Tommaso Marinetti, il Manifesto del Futurismo. Marinetti, poeta e scrittore, dava così forma esplicita e ufficiale ad un movimento culturale e artistico che avrebbe avuto un grande influsso in Italia e in Europa, appunto il futurismo.

Tra gli altri aspetti che questo Manifesto proponeva, c’era la proclamazione della forza, dell’energia, del movimento, del coraggio e della ribellione. Tutto ciò trovava la sua sintesi in un concetto che sarebbe sopravvissuto agli eventi e avrebbe caratterizzato anche i nostri giorni: la velocità. E, naturalmente, questo concetto segnalava la sua rispondenza più vivace nei moderni mezzi di trasporto, soprattutto l’automobile e l’aereo, che in quegli anni andavano diffondendosi nella società. Ancora così si esprimeva quel Manifesto: «Un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, è più bello della Nike di Samotracia». Il futurismo ebbe grande risonanza non solo letteraria e artistica, ma anche politica.

Anche in senso estetico queste dimensioni, come vedremo, ebbero la loro rilevanza. Prima di parlarne, però, non possiamo tralasciare altri aspetti del futurismo, indubbiamente meno validi. Ecco le parole più problematiche del Manifesto: «Noi vogliamo glorificare la guerra – sola igiene del mondo – il militarismo, il patriottismo, il gesto distruttore dei libertari […] e il disprezzo della donna. Noi vogliamo distruggere i musei, le biblioteche, le accademie di ogni specie». Non sfugge a nessuno la risonanza veramente disumana, e perciò assolutamente anticristiana, di una tale visione culturale e sociale.

Tutto ciò accadeva a pochi anni dalla scoppio della prima guerra mondiale, opportunamente chiamata “la grande guerra”, che avrebbe affogato in un mare di sangue l’ottimismo proclamato in quel Manifesto.

Nonostante questi limiti e questi fallimenti, il futurismo produsse alcuni sommi capolavori nell’ambito dell’arte figurativa: per limitarsi agli artisti italiani, le opere di Boccioni, Carrà, Severini, Balla riempiono musei e collezioni in Italia e nel mondo e costituiscono pietre miliari nell’ambito della pittura e della scultura.

Tra loro va riconosciuto un ruolo non secondario a Gerardo Dottori.

Nato a Perugia nel 1884, Dottori rimase orfano di madre fin da bambino. Si iscrisse all’Accademia di Belle Arti della sua città e, successivamente, si trasferì a Milano, quindi a Firenze e infine a Roma. Qui, soprattutto in seguito all’incontro con Giacomo Balla, aderì al futurismo e si propose di realizzare anche opere sacre impostate secondo questo nuovo linguaggio espressivo: praticamente fu il primo a usare questo stile nell’ambito della pittura religiosa. Per precisare ulteriormente la sua posizione artistica, nel 1931 aderì alla cosiddetta aeropittura, uno stile che consiste nel realizzare un’immagine come se fosse ripresa dall’alto, da un aereo in movimento. Ambienti e paesaggi della sua amata Umbria vennero raffigurati secondo questa impostazione, in un’atmosfera di poesia e di dinamicità. Gerardo Dottori si spense a Perugia nel 1977.

La sua Annunciazione nel tempio aereo del 1932, appartenente ad una collezione privata, rientra a pieno titolo in questa visione estetica, anzi ne costituisce uno degli esempi più luminosi.

Il soggetto del quadro ci giunge fin dalla più antica tradizione cristiana: l’angelo Gabriele reca a Maria l’annunzio della sua maternità come realizzazione del progetto di Dio. Anche gli elementi figurativi (la postura dei due personaggi, il fiore, ecc.) è tradizionale, ma il modo in cui il pittore affronta l’argomento è di straordinaria novità.

Nell’opera si avverte un’energia che costituisce la vera anima del dipinto, la sintesi di una serie di movimenti convergenti tra loro, così che anche se la figura appare decomposta riesce a raggiungere un’unità armoniosa. Un intricarsi di attimi successivi qui si incontrano in un’atmosfera di luce vibrante, in una concentrazione di colori luminosi e vaporizzati, in un turbinio di linee e di forme che sfumano la loro intensità verso una pura dissolvenza. L’immagine si apre a ventaglio, proprio come l’elica di un aereo, in una rapidissima successione di piani pittorici. Una spinta ascensionale raccoglie il movimento delle ali dell’angelo e lo tende verso una curvatura simile a un arco gotico che arriva ad inglobare il paesaggio circostante: è l’ambiente aereo che è diventato tempio, per accogliere in sé ed esprimere il vero tempio che è il grembo della Vergine. Il volo dell’angelo coincide con il volo dell’aereo e diviene simbolo del superamento della dimensione unicamente terrena dell’evento. L’intera scena è costruita su spinte centrifughe e centripete, su linee vorticose, su palpitazioni atmosferiche del colore. Tutto è forma in movimento, scandito attraverso piani di colore che mettono in evidenza la dinamica dell’aviazione e, nello stesso tempo, creano un clima spirituale e perfino mistico.

«Mediante gli stati d’animo delle velocità aeroplaniche, ho potuto creare il paesaggio terrestre isolandolo fuori tempo-spazio, nutrendolo di cielo per modo che diventasse paradiso»: è questo il giudizio che lo stesso Dottori dà della propria arte. Ed effettivamente in questa Annunciazione il paesaggio tende a diventare un Eden, lo splendido giardino delle origini.

Ringiovanire il mondo era lo scopo del futurismo.

L’annunzio dell’angelo a Maria è l’inizio di una nuova primavera, di un mondo che ringiovanisce.

Ancora una volta, anche nei tempi moderni che sembrano così lontani dal sacro, arte e fede si incontrano e si abbracciano: due voci per cantare la gloria di Maria, giovinezza dell’umanità e della natura.

Vincenzo Francia