MARIA DI NAZARETH NELL’ARTE FIGURATIVA (1 di 3) L’iconografia mariana

La prima immagine della Madonna, Catacombe di Priscilla

 

L’arte mariana partecipa in pieno al dinamismo tipico dell’arte cristiana e, sottolineandole nella sua specificità, ne condivide le caratteristiche.

Analogamente a quanto è avvenuto nella storia della presa di coscienza della fede, l’arte si è progressivamente interessata a Maria, mettendone in luce la singolare posizione accanto a Gesù Cristo ed evidenziando in lei «quantunque in creatura è di bontate» (Dante Alighieri, Par. XXXIII, 21). Perciò il criterio fondamentale, che nel cristianesimo ispira la produzione figurativa in genere e di conseguenza anche di quella mariana, è piuttosto di natura contenutistica che estetica. La Chiesa, in sostanza, vuole trasmettere, anche mediante i manufatti artistici, il proprio messaggio nelle sue diverse articolazioni e potenzialità. Oltre a far realizzare un’opera “bella”, alla comunità cristiana interessa realizzare un’opera “fedele” alla rivelazione biblica, coerente cioè con la propria missione evangelizzatrice. In questa ottica è da studiarsi l’iconografia mariana, badando ai contenuti e non trascurando, ovviamente, il contributo offerto dall’aspetto formale ed estetico delle singole opere.

 

L’iconografia, dunque, è anzitutto una prassi, cioè l’uso di produrre delle immagini: nel nostro caso, il fatto che la comunità cristiana, superando alcune difficoltà diverse volte ricorrenti nella sua storia, abbia prodotto o commissionato delle raffigurazioni, considerandole legittimi ed efficaci segni e strumenti di evangelizzazione e di esperienza liturgica. L’iconografia è anche una riflessione sulla prassi tendente a evidenziare i rapporti tra le immagini, le fonti e la committenza. In questo senso essa tende all’iconologia come al suo logico approfondimento, passando da una fase prevalentemente descrittiva ad una più tipicamente esegetica, e cerca di analizzare la formazione delle immagini, la loro trasmissione nei vari contesti e le loro trasformazioni sotto la spinta di esigenze teologiche, ecclesiali e sociali: a partire da alcuni prototipi, infatti, le immagini si evolvono mediante incroci, contaminazioni, reinterpretazioni, addizioni e scomposizioni, somiglianze, allusioni. Lo scopo immediato è quello di comporre una rassegna sistematica delle  raffigurazioni; ma quello principale è approfondire i loro significati, qualche a volta non direttamente percepiti dagli autori o addirittura inconsci, in riferimento ad un ambiente culturale nel quale i protagonisti sono i committenti, la comunità destinataria, le istituzioni e gli operatori, cioè gli artisti stessi, da considerarsi non solo come semplici esecutori ma come interpreti, spesso originali, del depositum fidei.

 

È evidente, pertanto, che l’iconografia-iconologia è una ricerca essenzialmente interdisciplinare. Le linee-guida di questa crescente consapevolezza sono dettate prevalentemente, come è nella logica della teologia cristiana, dalla parola autorevole della Bibbia. Potremmo dire che non esiste immagine mariana, per quanto banale o “profana” possa apparire ad un primo sguardo, che non abbia un aggancio con la Sacra Scrittura, non fosse altro che per i vari episodi biblici che la riguardano storicamente o simbolicamente e soprattutto per quel giudizio complessivo che l’Antico e il Nuovo Testamento esprimono su di lei, avvolgendola in un’atmosfera di luce e di gloria: «tutte le generazioni mi chiameranno beata» (Lc 1, 48).

La Bibbia, accolta nella fede e interpretata con perseverante amore alla ricerca del suo significato più completo e profondo, si innesta in un sostrato umano, in un tessuto vitale che si struttura e si esprime nella cultura e nel linguaggio. Accanto alla Bibbia, perciò, e in dialogo con essa appaiono, quali fonti per l’iconografia, espressioni liturgiche, predicazioni, leggende e testi apocrifi, tradizioni orali, schemi e categorie tipologiche mutuate non di rado dalla pietà popolare o addirittura dal paganesimo.

 

Alla luce di queste prime considerazioni, possiamo dare uno sguardo alla concreta produzione iconografica mariana, a partire da quella che viene considerata la prima immagine della Madonna, dipinta intorno alla metà del III secolo nelle Catacombe di Priscilla a Roma. Notiamo come la Vergine, con il piccolo Gesù tra le braccia, si trovi alla presenza di un personaggio virile, rivestito di tunica, che  con la destra indica una stella. Probabilmente vi possiamo riconoscere la figura di un profeta, forse Balaam che aveva preannunziato «Una stella spunta da Giacobbe e uno scettro sorge da Israele» (Nm 24, 17) o il profeta Isaia, con le celebri parole «Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is 7, 14).

Fin dai primi vagiti dell’arte cristiana, dunque, Maria appare pienamente inserita nella vicenda del Figlio di Dio: Socia Christi.

 

Vincenzo Francia