La Madonna con Bambino di Giovanni Pagliarini, attualmente alle Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea di Palazzo Massari a Ferrara, risale alla seconda metà dell’Ottocento, secolo che nell’orizzonte artistico europeo e mondiale si caratterizza per una rapida evoluzione, in vista del superamento del neoclassicismo e del linguaggio accademico a favore di una freschezza e immediatezza della composizione. Questo nuovo stile, anzi questa visione complessiva del mondo, viene chiamato “romanticismo” e, più precisamente, nel nostro caso “purismo”.
L’autore, Giovanni Pagliarini, nacque a Ferrara nel 1809 e morì nella stessa città nel 1878. Appartenne al movimento artistico, aperto alla proposta romantica dei Puristi, il cui massimo esponente può essere considerato Tommaso Minardi.
Il quadro, sotto l’aspetto iconografico, presenta una scena campestre, molto terrena, molto concreta. Maria non appare sulle nubi del cielo nello splendore della sua gloria, bensì, in una sosta del cammino, umilmente seduta su un muretto, in atto di reggere il piccolo Gesù completamente abbandonato al sonno. E proprio al modello della Madonna dell’Umiltà si ispira il soggetto e la sua impostazione. Si tratta non della raffigurazione di un episodio storico della vita della Vergine, benché una palma in fondo a destra possa alludere al riposo durante la fuga in Egitto. È, piuttosto, una meditazione complessiva sulla figura di Maria e del suo rapporto con il Figlio: personaggi di paradiso, contemplati in uno spazio materiale, nel quale con straordinaria evidenza Maria manifesta la sua materna vicinanza al mondo.
La Vergine indossa una veste rossa molto sobria, un manto azzurro e una sciarpa bianca che, dal capo, le si avvolge dietro il collo e le scende lungo la spalla sinistra. I suoi occhi sono completamente rivolti a Gesù, la cui infantile irrequietezza si placa in un dolce sonno. Maria lo contempla, totalmente rapita dalla sua bellezza. Ma il suo sguarda va oltre il momento presente: forse in quel bambino vede qualcosa che noi non vediamo. Forse vede il futuro che attende quel bimbo, cioè la sua passione e morte. In questa ottica si comprendono alcuni particolari di grande importanza. Anzitutto il lenzuolino bianco sul quale è direttamente deposto il suo corpicino, che già assume la postura del Cristo della Pietà di Michelangelo, specialmente il braccio destro abbandonato verso il basso. Poi l’ora del giorno che volge al tramonto e proietta un’ombra sul volto pensoso di Maria, mentre infiamma di arancio il colore della sua veste. Ma, soprattutto, il dialogo delle mani della donna: la destra sorregge il capo del Figlio, mentre la sinistra da una parte lo protegge e dall’altra si rivolge all’osservatore, invitandolo al silenzio, alla contemplazione, all’adorazione.
La composizione si avvale di un ritmo aggraziato e di un particolare fascino, il fascino della semplicità. Tutto il dipinto esprime spontaneità, purezza espressiva, simbolismo come apertura verso il sublime, perfino misticismo. Originalità, freschezza, senso di libertà, sincerità: tutto ciò ritorna nella poetica romantica come esigenza spirituale prima ancora che come visione ideologica e tecnica compositiva. Nitida definizione dell’immagine, gamma cromatica intensa, resa dei particolari: con questo linguaggio “popolare”, ma fortemente radicato negli artisti del medio evo e del rinascimento, il Pagliarini delinea il suo lavoro.
Ed è proprio ad uno dei sommi maestri del rinascimento che il nostro pittore volge lo sguardo: a Raffaello Sanzio, il grande urbinate che può essere considerato il padre di tutte le Madonne fino ai tempi moderni, soprattutto di quelle che si sono diffuse a livello popolare. Infatti Raffaello è, nello stesso tempo, grandioso e genuino, intellettuale e sincero, lineare e profondo.
Ma nell’opera compare un altro “personaggio”: il paesaggio rurale. Se in moltissimi dipinti precedenti o contemporanei tale paesaggio si identifica con la campagna romana, meta dei viaggiatori europei tra il Sei e l’Ottocento, nel nostro non emergono elementi che rimandino alla Città Eterna: non vi notiamo alcuna rovina archeologica né dettagli geografici e ambientali caratteristici del Lazio. Potremmo dire, dunque, che il paesaggio è “universale”: ogni luogo, nel mondo, è inondato dalla discreta e silenziosa presenza di Maria, che continua ad offrire il proprio Figlio in un gesto di affidamento fiducioso e vigile. L’idealizzazione della forma estetica si coniuga mirabilmente con un tocco di equilibrato realismo.
Un paesaggio pulito, sereno e trasparente: quale attualità con la problematica ecologica, che non di rado angoscia i nostri giorni! Nel quadro del Pagliarini sembra di veder realizzato quel sogno di armonia che Papa Francesco presenta nell’enciclica Laudato si’ (n. 139), quando afferma che la natura non è «qualcosa di separato da noi o una mera cornice della nostra vita. Siamo inclusi in essa, siamo parte di essa e ne siamo compenetrati».
Il mondo appare fresco e giovane, della stessa gioventù matura e consapevole della Vergine di Nazareth.
Vincenzo Francia