La mostra NATURE VIVE è la settima personale di Letizia Cavallo.
In esposizione 39 opere di dimensioni non superiori a 100 x 80 cm,
realizzate con le tecniche dell’olio su tela e del disegno o tecnica mista su carta.
Forse il torto più grande che si possa fare a Letizia Cavallo, e ai suoi “ritratti” di piante e fiori, è
considerare il suo lavoro esclusivamente come frutto di una, pur presente e forte, passione per la
botanica e della seduzione visiva che piante esotiche e nostrane indubbiamente esercitano su chi,
per indole e per mestiere d’artista, mastica il pane della bellezza.
Piuttosto… L’artista mette in serie visiva e ideale i portati di una ricerca che da un lato è artistica e
pittorica, dall’altro dipana i percorsi di un contatto costante e diretto con il reale, con l’esperienza
del circostante e del quotidiano, con l’imprevedibile molteplicità dell’aspetto delle cose.
L’apparente ordinarietà dei soggetti, appunto piante e fiori ripresi a schizzo dal vivo e poi
rielaborati a studio, si sveste così di ogni stereotipo di genere e di concetto, e invece rivela
l’esistenza concreta di un mondo naturale, dei suoi processi biologici e di adattamento
ambientale, da cui tutti noi siamo, forse irrimediabilmente, distaccati (per la “modernità” dei
nostri stili di vita o proprio perché li diamo per scontati e non ce ne diamo cura). E anche solo il
titolo di questa mostra dà un’indicazione inequivoca sull’intenzionalità con cui Letizia Cavallo piloti
la percezione visiva in un contesto più ampio di riflessione artistica e culturale. “Nature vive” pone
infatti un accento acuminato sulla distanza di queste rappresentazioni dai cliché (delle “nature
morte” ovviamente, ma anche delle illustrazioni naturalistiche, degli ornati calligrafici e
decorativi), ma soprattutto provoca una sorta di piccolo inciampo logico ed emotivo perché ci si
soffermi con attenzione allo spettacolo di linee, forme, colori che si offre nell’esser vivo di un fiore,
nell’esser rigogliosa di una pianta. “Esser vivo”, sembra una mera specifica di descrizione, e invece
evidenzia tutta la forza e potenza e fascino e mistero dell’esistere, dell’esserci, del manifestarsi di
un’individualità precisa, del rivelarsi di una presenza, di una persistenza, di vita. Non per niente,
abbiamo detto, e l’artista stessa così li dice, questi sono “ritratti” di piante e fiori.
Non solo. Tutt’altro che essere una galleria di singoli soggetti, l’uno distaccato e autonomo
dall’altro, l’esposizione si costruisce come un insieme concertato di passaggi e gradi, di richiami e
percorrenze, dove ogni elemento prende parte di un eden fantastico e al tempo stesso effettivo,
immaginario e nondimeno reale, realissimo. Ancora una volta, “vivo”. Così, di essenza in essenza,
di profusione in profusione, si colma la rappresentazione unitaria di quest’eden immaginifico,
luogo e spazio di una natura sublimata, e per ciò stesso inibita all’invadenza dell’uomo. Si esplicita
in alcune tele, punto focale della mostra, in cui la vegetazione florida e lussureggiante fa da
ambito per una presenza sfuggente, la figura femminile eterea e indistinta che incarna l’essenza
vitale, e al tempo stesso la purezza fragile, recondita ed evanescente della natura. Lo sguardo
dell’osservatore, lo sguardo dell’uomo, varca la soglia di un’intimità insondabile e bastevole a sé,
ignota ma anche, fin troppo, ignorata; rischia perciò di essere uno sguardo doppiamente
profanatore, sia nell’atto di violare tale intimità, sia nella protervia con cui se ne disinteressa….
…Il mondo delle piante e dei fiori, in un certo senso, è sempre lo stesso eppure costantemente
diverso, è cardine di opposti, di durata come di cambiamento. L’artista allora sceglie di restituirgli
nel colore e nella materia pittorica questo suo carattere autentico e primordiale. I contorni e le
definizioni perdono consistenza di fronte alla espansione di lievi sensazioni cromatiche, in cui
l’acidula dominanza dei verdi e degli azzurri si tempera con le sue stesse gradazioni e a sua volta
sottomette profondità al vivido accendersi dei gialli, rossi, dei porpora e indaco, degli aranci e dei
bianchi. Persino nei disegni, laddove la cromia si fa uniforme, e tutto si articola solo sui passaggi
chiaro-scurali, su volumi di luce e sfumature, si percepisce la concomitanza di durata e
temporaneità, di molteplicità e specifica individualità.
testo di FRANCESCO GIULIO FARACHI