L’eco degli incontri fra Pio XII e gli artisti convincono nell’aumentare la stima e l’intesa con il papa, sempre più ritenuto uomo di grande valore e pontefice profeticamente ispirato da una densità creativa, che il pontefice sposta nel settore della pastorale. Gli artisti ammirano la sua concretezza che consegna loro il senso di appartenenza alla vita della Chiesa, nel cui segno papa Pacelli opera e decide. Non c’è tema fondamentale del Concilio Vaticano II che non sia stato sfiorato e suggerito dal suo magistero. Sta di fatto che le Udienze agli artisti sono da loro ricambiate con uno straordinario apprezzamento.
Per tutti valga l’impressione del premio Nobel, Francois Mauriac, il quale, al termine di una Udienza, commenta semplicemente: «Molto austero, molto fine e intelligente, molto bello, di una vita mistica e profonda». Pio XII incontra gli artisti di ogni disciplina e di qualsiasi età: dagli esteti più rinomati ai bambini (chi non ricorda, per esempio, l’incontro con la più giovane direttrice d’orchestra della storia della musica, Giannella De Marco): tanto da far cadere intorno a quel alone di ieraticità, presto sostituito da una dolcezza inaspettatamente paterna, così da catturare l’attenzione e la complicità tra papa ed artisti e improvvisarsi maestro di cultura laddove si parla di arte. Pio XII ama intrattenersi con gli artisti, sentire le loro intuizioni, conoscere le proprie opere, catturare la bellezza interiore di ciascuno, unita ai valori cristiani con i quali cogliere la feconda alleanza tra arte e Vangelo.
Gradisce, nonostante il variare delle forme stilistiche ormai lontane dal tempo della sua formazione umanistica, il “Sacre Coeur” di Georges Rouault, il “Crocifisso in ceramica” di Lucio Fontana, lo spartito “Missa Pontificalis pro pace” di Alfredo Casella, i “4 Inni sacri” di Goffredo Petrassi.
“Destava un certo stupore – rivela monsignor Ennio Francia, che preparava gli incontri – come Pio XII, che non era un Reinhardt né Thomas Mann, fosse attento non soltanto alle vicende spesso contradditorie delle forme espressive, ma anche alla evoluzione ermeneutica e filologica dell’arte”. Pio XII propone di riflettere sull’importanza morale e sociale dell’arte, ma sulla necessità delle diversità e del rinnovamento dei mezzi espressivi, sulla libertà che deve guidare la fantasia dell’artista. Questi ripetuti incontri rendono familiare l’immagine di un pontefice dalle braccia allargate, da molti forse considerato astratto e assorbito dalle vertigini dovute al pontificato, ma in realtà egli si rivela da vicino, con la tenerezza di un uomo semplice, simile all’artista, che impara un mestiere e una missione a misura di cristiano, che la Chiesa stima ed accoglie come figlio.
[testo a cura di G.B. Gandolfo]