Pio XII: l’arte contemporanea in Vaticano

 

Secondo i criteri dell’estetica teologica, Pio XII ritiene che «uno dei caratteri essenziale dell’arte… consiste in una certa intrinseca affinità dell’arte con la religione, che fa gli artisti in qualche modo interpreti delle infinite perfezioni di Dio». Un magistero raro, ma limpido confermato ai comitati della Messa degli Artisti con la sua «stima non solo per l’opera individuale dell’artista, ma per tutto quell’insieme di alto e di arcano che l’arte suppone in quanto in essa è dato di cogliere qualche cosa dell’eterno e perfetto splendore di Dio».

Queste attenzioni permettono a papa Pacelli di constatare il distacco del mondo culturale dalla Chiesa, in parte assente dalla cultura della vita moderna. «Alla domanda, posta dal Santo Padre che chiedeva cosa si poteva fare sotto tal profilo – scrive Ennio Francia – si rispose che forse non sarebbe stato inopportuno che la Chiesa desse una testimonianza del suo interessamento alla vita culturale, almeno limitatamente al settore delle arti visive, accogliendo per esempio nella Pinacoteca Vaticana, chiusa al Settecento e…si limitasse ad accogliere “soggetti di paesaggi, ritratti, nature morte, dove l’arte moderna d’ispirazione essenzialmente laica, sembrava aver raggiunto quasi un più alto grado di poesia”, e di dare la preferenza, in un momento di predominio nella linea informale, a sculture che non escludevano elementi oggettivi».

 

Viene dato l’incarico di iniziare l’operazione a Mons. Francia, il quale contatta i primi artisti, ma a causa dell’esiguità dello spazio, solo 29 opere trovano sistemazione. Nell’ottobre 1958, Pio XII torna alla Casa del Padre. Su suggerimento di Mons. Giuseppe De Luca, papa Giovanni XXIII consente all’apertura al pubblico delle due sale in maniera privata. Resta tuttavia la grande voce di Pio XII, che agli espositori della VI Quadriennale Romana aveva detto agli artisti: «Quanto sia grata la vostra presenza v’insegna la tradizione stessa del Pontificato Romano che, erede di universale cultura, non ha mai cessato di pregiare l’arte, di circondarsi delle sue opere, di farla collaboratrice della sua missione, ch’è di condurre lo spirito a Dio».

Conclude il rapporto fra Pio XII e gli artisti monsignor Ennio Francia che scrive: «È nell’ossequio di tale collaborazione che artisti, consultori e donatori si erano impegnati di dar alla “erede di universale cultura” una modesta testimonianza anche della cultura del nostro tempo. Essi erano confortati dall’insegnamento del grande Pontefice che nella stessa occasione aveva ammonito con chiara preveggenza che “la funzione dell’arte sta nell’infrangere il recinto angusto e angoscioso del presente in cui l’uomo è immerso finché vive quaggiù”».

[A cura di G. B. Gandolfo]